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La vita in fumo

Perché parlare ancora di fumo, quando ormai attribuiamo all’inquinamento in senso lato tutte le cause della diffusione delle malattie e in particolare dei tumori?

Il problema dell’inquinamento ambientale è una iattura che negli anni abbiamo accumulato con comportamenti che è poco definire scellerati.

Fermo restando che la lotta condotta contro qualsiasi tipo di inquinamento ambientale è sacrosanta e deve essere sempre più sostenuta da tutti e a tutti i livelli, corre l’obbligo di sottolineare alcuni concetti sugli effetti del fumo, dei quali si parla poco e che molti di noi, operatori sanitari, abbiamo perso di vista.

Durante la mia vita professionale e di attività sociale mi accorgevo con sgomento che progressivamente il problema, che non esito a definire “epidemia sociale” dovuta al fumo, non veniva più vissuto con lo stesso timore e non gli si dava la stessa importanza, relegandolo in un cantuccio presidiato solo dai cartelli “vietato fumare” e da alcuni slogan inutili stampati sui pacchetti di sigarette, che nessuno legge e che comunque non scalfiscono minimamente la coscienza del fumatore.

Un’epidemia sociale, ma pochi se ne accorgono

Eppure in Italia il fumo è responsabile di oltre 100.000 morti l’anno e la seconda metà del XX secolo passerà alla storia perché almeno 60 milioni di individui sono morti nel mondo per danni dovuti al fumo di sigaretta.

È importante ricordare che, per quanto riguarda le cause di mortalità correlate al fumo, il tabacco non solo assomma la grossa fetta del cancro del polmone, ma purtroppo anche di altri organi (esofago, stomaco, vescica, apparato riproduttivo, ecc.), la cardiopatia ischemica, l’ictus cerebrale, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e altre patologie dell’apparato respiratorio, rivelandosi un killer dell’organismo ben oltre forse di altri inquinanti ambientali.

Ed è disarmante constatare che i fumatori di età compresa tra 35 e 69 anni hanno una mortalità tre volte più elevata rispetto ai loro coetanei non fumatori, e che circa la metà dei fumatori abituali sono destinati a morire per via della loro abitudine.

La metà dei decessi riferibili al tabacco avviene proprio tra i 35 e 69 anni e comporta la perdita di 20-25 anni di vita rispetto ai non fumatori.

È il caso di sottolineare un aspetto sociale importante: il 72% dei fumatori sono ragazzi che hanno cominciato a fumare tra i 15 e i 20 anni e molti anche prima dei 15 anni, e che, su quasi 11 milioni di fumatori (il 20,8% della popolazione), ben 5 milioni sono donne.

Stiamo assistendo infatti ad un costante aumento delle donne con la sigaretta: le donne fumatrici sono infatti aumentate del 69%.

La buona salute che va in fumo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno, nel mondo, il consumo di tabacco uccide quasi 6 milioni di persone. Cifra destinata a raggiungere gli otto milioni entro il 2030 in assenza di politiche sociali capaci di invertire questa tendenza. Nel mondo si stima che il fumo passivo provochi 603.000 morti premature e la perdita di 10,9 milioni di anni di vita in buona salute.

Si sta dunque verificando una epidemia da fumo in senso femminile, visto che, fra il 1990 e il 2010, il numero di nuovi casi di tumore del polmone nelle donne saliva del 2,4% l’anno. La tendenza non sorprende, poiché è la conseguenza lineare dell’incremento del numero delle donne fumatrici di 30-40 anni fa.

In pratica, il tumore del polmone è diventato la seconda causa di morte nel sesso femminile, dopo il tumore alla mammella (!), e la tendenza è quella di diventare, come già avviene nell’uomo, la prima causa di morte.

Le patologie da fumo sono in assoluto le uniche che sarebbero drasticamente ridotte in maniera oltremodo significativa con la sola prevenzione, che significa in breve: non fumare!

Ma, a questo proposito, che cosa facciamo noi adulti, a tutti i livelli, perché i nostri ragazzi non si inizino al fumo (obiettivo un po’ più raggiungibile) o perché chi fuma sia indotto a smettere? (obiettivo più difficile rispetto a quello di non cominciare proprio).

È necessario un buon esame di coscienza in questo senso, visto che l’impegno che la società e gli addetti ai lavori mettono in questa mission, lasciatemelo dire, è veramente insignificante.

Di svapo, atomizzatori e sigarette elettroniche si sarebbe dovuto parlare, il mese prossimo, a Mosca, al “Global consultation on novel and emerging nicotine and tobacco products” organizzato dall’OMS. Appuntamento cancellato per l’emergenza Coronavirus.
Sigarette elettroniche

È ormai sempre più diffusa la sensazione che la sigaretta elettronica possa ovviare ai danni dovuti al fumo di tabacco e combattere il tabagismo.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, gli italiani che fanno uso di sigaretta elettronica, al 2016, sono circa due milioni, allettati tra l’altro da una campagna pubblicitaria estremamente aggressiva, che sbandiera la «libertà di fumare anche dove è vietato».

È ancora troppo presto per capire se questi strumenti elettronici causano più danni delle sigarette tradizionali, anche se è assolutamente impossibile dire che siano più sicuri.

Anzi, alcune revisioni scientifiche condotte finora dimostrano che anche le sigarette elettroniche hanno effetti negativi sulla salute.

Un esempio in questa direzione viene dagli Stati Uniti, dove la sindrome da svapo sta facendo una vera e propria strage: i casi di infezioni polmonari associate all’uso delle e-cig, secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention aggiornati al 18 febbraio, sono saliti a oltre 2.800, con 68 decessi confermati.

Il fumo durante la gravidanza può causare un ritardo di crescita e di sviluppo mentale oltre che polmonare del bambino.
Fumo passivo

Una piccola nota infine per il fumo passivo, cioè il fumo inalato involontariamente da chi, trovandosi vicino a un fumatore, è costretto a respirare il fumo altrui.

Non è un fumo innocuo, perché rappresenta il principale agente di inquinamento degli spazi chiusi e provoca danni all’ambiente e alle persone, tanto da essere considerato responsabile di migliaia di decessi.

Particolarmente esposti al fumo passivo sono i bambini, fin dal grembo materno, gli adolescenti, gli anziani, i cardiopatici, gli asmatici, i pazienti con malattie polmonari. I danni del fumo passivo infatti sugli organi bersaglio sono identici a quelli causati dal fumo attivo e non esistono livelli di esposizione al fumo passivo senza rischi.

A fronte di questo motivato allarme intorno al fumo, che si aggrava in correlazione all’emergenza da Coronavirus, un maggior impegno delle famiglie, della Scuola, degli organi sanitari, con interventi mirati, nel tentare di sconfiggere il tabagismo può diventare la carta vincente per un futuro più salutare dei nostri ragazzi.